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Un Nobel per 2000 (anzi molti di più)

È finalmente arrivato il Nobel per il bosone di Higgs e il premio è andato a Peter Higgs e François Englert, cioè ai due teorici che per primi ne ipotizzarono l’esistenza circa cinquant’anni fa. Fin qui tutto secondo le previsioni e la vicenda potrebbe mediaticamente concludersi con gli ultimi titoli sulle prime pagine dei giornali. Ma in realtà sembra che qualcosa in noi umani si rifiuti di accettare la realizzazione di ciò che è atteso, probabile e ovvio. Così, all’affievolirsi dei rumori di festeggiamento, è emerso un sostenuto brusio di curiosità e a volte di disappunto perché molti si aspettavano che in qualche modo sarebbe stata premiata anche la ricerca sperimentale svolta al Cern.

Ma il Nobel avrebbe davvero potuto o dovuto essere assegnato diversamente?

La risposta è: dipende.

Intanto chiariamo subito che sarebbe stato davvero impossibile premiare una o due singole persone fra quelle che hanno lavorato al Cern e dunque materialmente “trovato” il bosone di Higgs. I due esperimenti Atlas e CMS, grazie ai quali è stata catturata la particella, hanno coinvolto migliaia di persone. Certo il fatidico 4 luglio 2012 nel quale fu annunciata la scoperta parlarono solo i due fisici che avevano coordinato i loro colleghi, cioè l’italiana Fabiola Gianotti e l’americano Joe Incandela, ma si esprimevano a nome di tutti e presentavano i dati raccolti grazie allo sforzo della loro intera comunità scientifica. Nel caso della Gianotti le speranze di chi la voleva a Stoccolma erano alimentate dalla sua straordinaria personalità e dal fatto che era stata alla guida di Atlas per tutto il tempo della caccia al bosone (mentre Incandela era appena succeduto all’italiano Guido Tonelli). E in più Fabiola Gianotti ha dimostrato negli anni di avere una statura straordinaria diventando un simbolo della ricerca scientifica. Nel suo ruolo di responsabile dell’esperimento Atlas è riuscita nell’incredibile compito di coordinare circa tremila fisici da tutto il mondo garantendo che i lavori procedessero sempre in maniera fluida e senza intoppi. Ha fatto le cose talmente bene che la sua autorità non è mai stata messa in discussione né si sono mai sollevate critiche contro di lei da parte dei suoi collaboratori. Per chi conosce l’ambiente dei fisici, e il loro essere spesso riottosi, si tratta di due autentici miracoli. Se per il Nobel occorresse la dimostrazione di aver compiuto atti sovrannaturali come per la santità, a Fabiola Gianotti sarebbe stato dato d’ufficio. Ma il Nobel richiede altri requisiti.

È evidente che coloro che hanno guidato Atlas e CMS hanno avuto un ruolo importante nella scoperta del bosone, ma altrettanto essenziale è stato il compito di chi ha concepito gli esperimenti, di chi ha trovato le geniali soluzioni tecnologiche per farli funzionare, di chi ne ha guidato la costruzione. A conti fatti si tratta di almeno una ventina di persone, a voler restringere il campo. E le regole del Nobel impongono che i co-premiati possano essere al massimo tre.

Ma c’era un’altra alternativa alla copia “Higgs –  Englert”, molto più percorribile.

Nei giorni immediatamente precedenti all’assegnazione del premio aveva cominciato insistentemente a girare la voce che esso sarebbe stato assegnato ai due teorici e al Cern nel suo insieme. In effetti sembra che il comitato del Nobel abbia seriamente preso in considerazione questa possibilità, stando a quanto dice un membro stesso della Reale Accademia delle Scienze Svedese . Tuttavia essa avrebbe rappresentato un grosso strappo rispetto alla storia del riconoscimento che finora è stato assegnato solo a persone, mai a istituzioni (è avvenuto che fossero premiate delle istituzioni solo nel caso del Premio Nobel per la Pace che però segue procedure diverse). Il cambiamento di rotta sarebbe stato teoricamente possibile e con esso l’Accademia svedese avrebbe preso atto del fatto che la scienza è ormai il risultato di uno sforzo collettivo di molte persone, se non moltissime. Il Cern è il simbolo della scienza globalizzata e offriva l’occasione ideale per rompere con la tradizione del passato, ma così non è stato.

Non c’è dubbio che la scienza è diversa da com’era ai tempi in cui Alfred Nobel inventò il suo riconoscimento e probabilmente oggi è necessario stabilire cosa si premia con il Nobel: se la scoperta più importante fatta da uno scienziato o la scoperta più importante e basta. Le due soluzioni sono entrambe legittime ma per ora a Stoccolma sembrano optare per la prima, e personalmente sono d’accordo con loro. La grandissima forza del Premio Nobel a mio avviso sta nel creare degli eroi: punta il riflettore su degli scienziati assorti nei loro studi e li trasforma in icone, facendo sognare il grande pubblico. Insomma crea dei modelli positivi come la Montalcini, Dulbecco e Higgs che servono da ispirazione per le generazioni successive anche per la particolare vicenda umana di ciascuno. Sarebbe diverso se a essere premiata fosse una istituzione, farebbe battere meno il cuore.